Silvio Motta
opening, november 16, 2023
aperitivo 7pm.
Tue – Sat, 11am. – 7pm.
via Felice Casati 29, Milano
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La produzione artistica prosegue parallelamente alle altre attività e insegue un’ispirazione intima in cui realtà e fantasia tendono a sovrapporsi alla ricerca di una mappa di sopravvivenza come già nella sua prima personale presso la Galleria Multimedia di Romana Loda a Brescia nel 1991: “Motta racconta per sequenze (“La vita segreta delle piante”, “Il mio piccolo teatro volante”, “Quadrato nero con nuvole, con stelle cadenti, con lucciole…”) assemblando forme geometriche, tessuti, foglie, rametti, pezzi di corteccia, fili tesi, spilli, vetri, scritture. Le sue opere sono come teche, archivi della memoria che al posto di un indice sistematico e ordinatore hanno costellazioni di frammenti, mappe di rotte emotive. Il carattere diaristico lo dichiara lo stesso autore che in uno scritto si racconta: “Quando prendo in esame la mia vita, mi spavento di trovarla informe…la mia vita ha contorni meno netti…la definisce con maggior esattezza proprio quello che non sono stato…la ripercorro per ravvisarvi un piano, il fluire d’un corso d’acqua sotterraneo”. Nascono teatrini immaginifici tra il silenzio e l’incantesimo, che attendono un alito sottile che li faccia palpitare.
È l’opposto dell’artista eroe (si pensi alle teorizzazioni di Beuys) ma insegue in delicate ragnatele la stessa estrinsecazione della forza insita nella materia, in frammenti di quell’opera globale che è la vita. Alcune sculture in forme primarie si propongono come occupazione armonica dello spazio e “ingombro” di sogni o, per dirla col titolo della mostra, come “l’albero che si trasformò in stella”. (f.l.)
A partire da metà degli anni ’90 l’utilizzo sempre più frequente del video quale forma di “quinta dinamica” condurrà ad una serie di installazioni multimediali “site specific”, la commistione tra linguaggi diventa metodo di lavoro sempre con una dichiarata espressione scenografica: tra gli altri l’installazione video “29MUC7 – la croce e il quadrato”, mandala psichedelico (Festival Emmas, Olbia 2004) i cui singoli frame video sono altrettanti light boxes; “Adamello il cuore trasparente” (MUSIL di Cedegolo, 2011), video girato riprendendo i sette torrenti dell’ Adamello e la sua sorgente sul ghiacciaio alla ricerca dell’essenza “spirituale” di ciascuna valle evidenziato infine da un codice colorato a barre ricavato dai colori riflessi nelle acque; “Sospensioni cromatiche” (Tagliata del Ponale, 2007) dove la proiezione di immagini ispirate dalle poesie di H.Michaux contrastano con la superficie corrugata delle caverne del forte austriaco scavato nel cuore della montagna; “Chi cerca l’uomo trova l’homo pubblicitarius” (Galleria Inga Pin, Milano 2007) in collaborazione con Gianfranco Milanesi come scriveva la compianta Maria Grazia Torri “ecco a seguire i mirabolanti creatori della macchina BIG MOUTH, Gianfranco Milanesi e Silvio Motta, che centrano perfettamente il problema spinoso dei rapporti di coppia tra umani, cioè il problema di ritrovarsi per accoppiarsi, frequentarsi, usarsi, piacersi, sposarsi, e/o varie e eventuali. Ecco BIG MOUTH una scatola in cera bianca su cui si imprimono le immagini delle famose labbra rese note da Man Ray, che fanno uscire un annuncio tipo. Si dichiara lo scopo (relazione o eventuale matrimonio) e si seguono cliché predeterminati quali il sentimentalismo, il denaro, l’innocenza, l’esclusività, o la mancanza di vizi. Questi cliché sottintendono di fatto, tra le righe, un desiderio o un’impossibilità d’incontro, anche sessuale, oppure un’ideale di presupposta felicità irrealizzabile. Impossibilità di comunicare, ipocrisia totale (di chi, per esempio, non si riconosce diverso pur essendolo o di chi è già un umanoide) negazione del rapporto, solitudine, infine
disperazione sono le vere protagoniste dell’installazione (e della vita) che riduce il sentimento di coppia ad una farsa virtuale basata su visioni effimere e ideali inesistenti e preconfezionati”.
Negli anni 2000 la dimensione digitale prende sempre più il sopravvento nella realizzazione tecnica e acquista una nuova
dimensione narrativa con il lavoro presentato nella collettiva “Being Human, Haitsma’s way” (Spazio Contemporanea a
Brescia, 2013), in parte esposto oggi presso lo Spazio Milesi; scrive a proposito Giampietro Guiotto: “La collettiva “Being Human, Haitsma’s way” si presenta come una riflessione sull’incerta identità umana nell’età contemporanea e sulle difficoltà del pensiero filosofico ed estetico di alleviarne la tragicità del vivere… Il ricorso di Motta al mondo del web, dal quale preleva frammenti di immagini per assemblare robot dagli occhi artificiali, pezzi di motore e di architetture, come la Torre Eiffel, dà luogo a ipotetiche visioni di matrice surrealista e futurista, che rivisitano i superpoteri della macchina e lo spirito fantascientifico del superuomo tecnologico. L’inquietudine umana, mascherata dall’artista con la realizzazione di potenti mostri, è quella relativa al corpo e ai suoi mutamenti nell’era della clonazione, dell’ibridazione e della manipolazione scientifica, che portano l’individuo alla metamorfosi fisica e al potenziamento di inedite sensazioni e percezioni”.
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mostre recenti:
2022 – Installazione presso il Museo della città di Villingen-Schwenningen “Utopie-Heimat”
2017 – Installazione Multimediale “La stanza di Dafne e altre metamorfosi” – Casa del Provveditore a Salò.
2013 – Spazio Contemporanea a Brescia “Being Human, Haitsma’s way”
2011 – Video installazione “Adamello/ il cuore trasparente” per LAQUA/Aperto – MUSIL di Cedegolo.
2009 – Video performance “Il sogno del Parco del Sogni” per Lorenzago Aperta
2007 – Galleria Inga Pin a Milano: “Big Mouth: chi cerca l’uomo trova l’homo pubblicitarius”
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